Liberty's Ocean {L'Oceano di Liberty}

  1. The Pickwick Papers n°06
    Novembre 2023

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    Giornalino 2023
    By Liberty il 1 Dec. 2023
     
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    The Pickwick Papers
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    Giornalino del Liberty's Ocean | N° 06 | Mese: Novembre | Anno: 2023
    Novita' nel circuito?
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    Come già preannunciato, il Masters of Florence ha chiuso in via definitiva ed è stato cancellato il giorno 11/11/2023, visto che ormai è stato spostato qua sul Blog, e stavolta in via definitiva.
    Non ci sono chissà quale novità, però ho scoperto un Gdr carino, che ha aperto solo ad ottobre. Si chiama Pagina Rpg, e tratta di alcuni mondi fantastici, prendendo spunti da vari mondi disneyani, Pixar o simile. Non è come Ouat, però è simile.
    Premetto che non ci gioco, ma a chi interessano i Gdr pare interessante.

    Un'altra novità è la nuova grafica del Royal, che cambia abito e diventa natalizia. Il logo è stato creato dalla brava Yuna ~, attraverso un contest grafico a votazione.

    Un oceano di novita'!
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    Cosa porta di nuovo questo mese?

    Prima di tutto, sono avvenute le votazioni per il "Crea Tag Winter Animals Contest Grafico" svoltosi dal 25 al 30 novembre. La vincitrice è Alita, complimenti

    Cambio skin nuovo, tema nuovo e... bum bum bum.... rullo di tamburo grafica nuova! Visto che ormai l'inverno è alle porte, era doveroso questo cambio, che ho posticipato di un pochino invece di farlo ai primi di novembre l'ho montata a metà del mese. In partica appena pubblicato il giornalino mi ci sono messa subito sotto a crearla.

    La novità grande è l'assenza di layout di sezione con immagini, perchè primo volevo cambiare e secondo diventava abbastanza lungo graficare cento cose. Almeno per questo inverno sarà così.
    Sono comunque due immagini in tabella home, due nella sidebar e... una sola nelle sezioni, che però è in realtà un divisore in html di sezioni, dove appunto campeggia la nuova immagine, più contenuta.

    Ci saranno sempre i banner lunghi, anche perchè mi piace farli, solo che li troverete tutti nella pagina banner.

    Anche la sidebar è stata modificata un poco. Ho tolto le cinque immaginette roteanti che più che sballarmi e non essere in line con il resto non servivano a nulla. Sono indecisa se lasciare i tesserini dei contest a effetto slide o meno, voi che ne pensate?

    Per quanto riguarda il Gdr, visto che è saltata la Quest di Halloween e non c'è utenza attiva a ruolare, non ci saranno nuove Quest nel gioco, fino a che non ci sarà qualcuno di attivo e ruolante. Ho creato un racconto finale di una Quest che si doveva fare, come degna conclusione di un cerchio. Ricordo però che le abilitazioni sono aperte!

    Tuttavia, c'è stato un rinnovo grafico di code e immagini nella sezione Angolo Fan-Fiction, indi per cui chi ha voglia di ruolare con me, basta chiedere le abilitazioni!

    Sono state sistemate anche i tag della sezione Scrittura e nella Bottega di Liberty, per renderli più fruibili.

    E' stato anche aggiornato il topic della Raccolta Punti, dove sono stati aggiunti nuovi modi di accumulare punti.

    Sistemate ulteriormente i tag nella Bottega di Liberty, così ora sono divisi meglio.

    PhotoPickwick del mese

    Sei in marrone!
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    "Ti ho preso in castagna!" Perchè si dice in questo modo? Il significato del famoso modo di dire, vuol dire cogliere in errore o in fallo, ma da dove arriva? Esso deriva da "prendere in marrone", considerata sinonimica, dato che la castagna e il marrone indicano entrambi il frutto del castagno.
    In realtà, arriva dal latino "Marro" che significa errore, da qui il detto originale "prendere in marrone".
    Per cui la versione arcaica, oggi non più in uso, voleva dire cogliere qualcuno in errore e, per estensione, anche scoprire qualcuno in un luogo o in una situazione inappropriata.
    È possibile inoltre un legame tra questi modi di dire e l'analogo "cogliere in fallo", in quanto sia fallo sia marrone indicano gli organi genitali maschili ed è nota l'associazione popolare tra questi.
    Con il tempo si è trasformato in "prendere in castagna", come lo conosciamo oggi.

    PickwickMusic del mese




    "In un mondo pieno di tramonti, sii l'Aurora boreale."
    Tra cielo e terra
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    L'aurora boreale in Italia è un fenomeno raro ma non impossibile. Come appunto si è dimostrato dall'eccezionale evento della sera del 05 novembre, che ha portato le Luci del Nord fino alle nostre latitudini, con manifestazioni nella zona nord-est e sulle Dolomiti, ma anche in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e nelle Marche. Inoltre, i bagliori rossastri dal centro si sono spinti fino in Puglia, regalando a mezza Italia uno spettacolo indimenticabile.
    Anche all'estero, il fenomeno è stato visto e catturato in tutta Europa. E stata segnalato in paesi come Austria, Slovenia, Romania e Regno Unito.
    Come si creano le aurore?
    Le aurore boreali sono fenomeni che accadono grazie ai venti solari che, deviate dal campo magnetico terrestre verso i poli, dove è più debole, si scontrano con le molecole di ossigeno nell'alta atmosfera ai poli, rilasciando luce verde. Sono di solito verdi proprio perchè accadono a latitudini minori, tra i 100/300 chilometri di quota, ed per questo che si vedono solo ai poli.
    Quella del 25-26 settembre, era un aurora polare rossa (detta aurora boreale essendosi verificata nel polo boreale), ed è, in parole povere, stata visibile poiché si è verificata in uno strato della nostra atmosfera più alto del solito. Infatti, il fenomeno è accaduto tra i 400/800 chilometri, dove si sono scontrati non le molecole ma gli atomi di ossigeno, ed è per questo che a quelle quote si tingono di rosso.
    Essendo quindi più in alto del solito, le aurore rosse sono visibili anche in più parti de mondo, grazie alla conformazione sferica della Terra. Perciò non è che abbiamo le aurore boreali sopra la testa, solo... se sono in alto le vediamo anche noi. Un bello scherzetto della natura!
    Ma perchè le aurore mai hanno cominciato a crearsi in alto tanto da mostrarci questo bellissimo spettacolo?
    Dobbiamo ringraziare il nostro caro Sole. La causa è un'attività solare particolarmente intensa di questo periodo (che avviene ogni 11 anni ed è normale per fortuna), in cui il sole è in periodo molto attivo di massa coronale, come quella che si era registrata il 25-26 settembre in Lombardia e Alto Adige.
    Ma quella del 05 novembre era davvero un'altra aurora boreale rossa?
    No, da studi e analisi successivi, si pensa che molto probabilmente quella osservato fosse un SAR ovvero Stable Auroral red Arches, in italiano archi aurorali rosso stabile (un nome che con tutte ste erre mi si intreccia tra palato e lingua). E' un fenomeno molto raro e poco conosciuto, che fu descritto solo nel 1956, e sono simili a un' aurora rossa.
    E allora che differenza c'è?
    Entrambe si formano nell'alta atmosfera, sopra i 300/400 chilometri, ma la differenza sono i componenti che li creano. Gli archi aurorali si creano grazie a delle particelle che provenienti dal sole, si accumulano nelle fasce di Van Allen, delle regione a forma di ciambella che circonda la Terra. Queste particelle, rimanendo perciò intrappolate a migliaia di chilometri di quota, grazie al campo magnetico terrestre creano un anello attorno al nostro pianeta, detto corrente ad anello. Quando arrivano forti venti solari, l'anello di particelle si abbassa di quota e interagisce con l'alta atmosfera ed è fatta, gli archi aurorali sono serviti!
    Inoltre, essendo che le aurore rosse per essere visibili da noi devono essere causate da venti solari che disturbano il campo magnetico in modo estremo, gli studiosi hanno rilevato che al 5 novembre tale disturbo non era così elevato, e hanno pensato agli archi aurorali, molto più visibili e omogenei, praticamente monocromatici.
    Con ogni probabilità, quelle di settembre erano davvero aurore rosse mentre quelle del 5 novembre un fenomeno di Sar. In passato, delle tempeste solari molto intense in cicli solari precedenti, hanno dato origine ad aurore visibili quasi fino all'equatore, come ad esempio la tempesta solare del 13 marzo 1989 e le tempeste di Halloween nel 2003.

    Anello rosso

    Simbolo dell'artico

    Tra ghiacci e neve
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    L'artico è la regione più a nord, circostante il Polo nord e non ha un'estensione definita, in quanto non è un continente unico, ma è formato da parti di altri continenti e dalla banchisa del Mar Glaciale Artico e comprende il parallelo del Circolo polare artico.
    Questa vasta regione geografica, comprende l'estremo nord dell'America, Canada, Groenlandia, parte dell'Europa Settentrionale, dell'Asia e l'Oceano Artico. Ospita diversi di animali che si sono adeguati a temperature molto rigide, tra ghiaccio perenne e venti gelidi. Ma quali sono questi animali? Ce ne sono parecchi, ma ho voluto riportare quelli più famosi.

    Orso polare
    L?orso polare o orso bianco, è il più grande e potente dei predatori terrestri e può misurare fino a 3 m di lunghezza e pesare quasi 700 kg. Come molti animali dell?Artico, ha una pelliccia bianca che gli permette di passare inosservato in paesaggi innevati. La sua principale fonte di cibo sono le foche, che può uccidere con una sola zampata. Si stima che l'orso bianco sia una specie in estinzione e che rimangano da 20.000 a 25.000 orsi polari, la maggior parte dei quali vive nell'Artico canadese.

    Lupo polare
    Il lupo artico, conosciuto anche come lupo polare, è una sottospecie di lupo grigio. Trascorre la propria esistenza nella tundra artica ed è l'unico lupo al mondo ad avere una pelliccia totalmente bianca. A causa delle proprie abitudini di vita solitaria, questo animale polare non è minacciato direttamente dalla caccia o dal disboscamento come lo sono i suoi parenti che vivono più al sud. Si nutre principalmente di bue muschiato, lepre artica, caribù, lemming, pernice bianca e di altri piccoli animali polari, come gli uccelli.

    Lepre artica
    La lepre artica vive in Groenlandia e nell'estremo nord dell'America settentrionale. Scava la sua tana nella neve per dormire e proteggersi dal vento e dal freddo intenso dell'inverno. Le sue zampe posteriori sono ricoperte da una folta pelliccia per aiutarla a preservare il calore corporeo. Quando sente avvicinarsi un lupo o una volpe, questo piccolo mammifero si alza sulle zampe posteriori e si allontana a una velocità che può raggiungere i 50 km/h.

    Sterna artica
    La sterna artica, detiene il record del mondo di migrazione. Ogni anno, questo instancabile volatile, percorre una distanza di oltre 90.000km, che lo porta dall'Artico all'Antartico. Mentre vola da una regione polare all'altra, la sterna bianca sfrutta l'abbondanza di cibo disponibile come pesce, plancton, crostacei, per nutrirsi.

    Volpe artica
    La volpe artica, misura 85 cm di lunghezza e ha una folta pelliccia che cambia colore con le stagioni. In inverno, la sua pelliccia bianca la rende invisibile sulla neve. Durante l'estate, invece, grazie al suo colore marrone si fonde con il paesaggio della tundra artica. Grazie alla sua folta pelliccia, al muso corto e alle orecchie piccole, la volpe artica può resistere a temperature di -70°C. Questo carnivoro si nutre di piccoli mammiferi e uccelli.

    Lince artica
    Le linci canadesi, sono grandi più del doppio di un gatto domestico e si nutrono quasi esclusivamente di un'unica preda: la lepre scarpe da neve. Sono animali territoriali che passano la maggior parte del tempo in solitaria. Grazie ai suoi occhi grandi e al suo super udito, la lince canadese è agile cacciatore notturno. Questo animale artico ha un corpo corto, orecchie appuntite, coda piccola e zampe molto lunghe; in inverno sfoggia una pelliccia spessa e lunga di colore grigio.

    Foca artica
    La foca della Groenlandia, chiamata anche foca dalla sella a causa della grande macchia a forma di arpa presente sulla sua schiena è la più comune come foca al Polo Nord. Vive nell'Oceano Atlantico e nella regione Artica e trascorre parecchio tempo sul ghiaccio marino. Questa specie è altamente migratoria, e gli individui seguono il ghiaccio artico mentre si espande e contrae durante tutto l'anno. Un esemplare adulto raggiunge la lunghezza di 2 metri, un peso che oscilla fra i 140 e i 190kg e si nutre principalmente di pesci e crostacei.

    Oca delle nevi
    L'oca delle nevi, in estate nidifica in grandi colonie della tundra artica, mangiando erba, bacche e semi. Quando arriva l'autunno, migra verso sud con direzione Messico e Stati Uniti del Sud, dove trascorre l'inverno in pianura e nei campi. In primavera, l'oca delle nevi riprende il suo viaggio e si dirige verso il nord del Canada.

    Gufo artico
    Il gufo delle nevi[, è un uccello della famiglia degli Strigidi ed è l'uccello ufficiale del Québec. Noto in Italia anche col nome di civetta delle nevi o barbagianni reale, la sua denominazione scientifica è stata Nyctea scandiaca fino al 2002, quando uno studio ne ha rivelato la vicinanza con gli altri gufi del genere Bubo. A differenza di altri gufi, il piumaggio del maschio adulto è pressoché bianco, fatta eccezione per qualche piccola macchia nera; quello della femmina adulta, denota screziature scure su fondo bianco, dandole un ottimo mimetismo tra le rocce dove solitamente la coppia posiziona il nido. Si ciba di lemming, piccoli roditori e di arvicole; per cacciare è capace di restare immobile durante il volo in un punto preciso battendo velocemente le ali. Negli ultimi anni, con la rarefazione dei piccoli mammiferi catturano di altri uccelli come anatre, uccelli pelagici e piccoli Passeriformi. Colonizza e si riproduce nella tundra delle regioni dell'Europa settentrionale e dell'America settentrionale, in inverno possono scendere di latitudine rispetto al loro areale. In Italia è stato osservato almeno un individuo.

    Scoiattolo artico
    Lo scoiattolo grigio nordamericano o scoiattolo grigio orientale, è un mammifero roditore della famiglia degli Sciuridae che vive nell'America Settentrionale, ma è diffuso anche in altri stati americani, Canada, Australia e Europa, Italia compresa, in aeree boschive o parchi. Misura circa 25 cm di lunghezza, cui se ne sommano altrettanti di coda, per un peso totale medio di circa mezzo chilogrammo. Ha la pelliccia color grigio chiaro sulla zona dorsale, con sfumature bruno-rossicce (più o meno accentuate a seconda della sottospecie) su spina dorsale, zampe, inguine, muso, orecchie e zona perioculare: quest'ultima può essere anche di colore bianco, così come il ventre e la gola, oltre che la punta dei singoli peli della coda, che ha la punta bianca. Si tratta di animali perlopiù diurni, che hanno picchi di attività nelle prime ore del mattino ed al tramonto. Passano il tempo a cercare cibo fatto di semi e frutta secca, ma anche piccoli animali, nidiacei di uccelli e loro uova, insetti, piccoli mammiferi inclusi altri scoiattoli, rettili, anfibi, che nascondono in cavità dei tronchi d'albero o in buche nel terreno che poi ricoprono. Ciascun animale possiede alcune centinaia di rifugi per il cibo. In inverno è l'unica specie che non va in letargo.

    Renna (o caribù)
    Il Caribù, è una animale capace di vivere in ambienti con clima particolarmente severo: è infatti in grado di riscaldare l'aria prima che arrivi ai polmoni, ha un pelo folto e degli occhi che cambiano colore a seconda delle stagioni. A differenza di tutti gli altri tipi di cervi, sia alle renne Caribù di sesso maschile che a quelle di sesso femminile crescono le corna.

    Balena della Groenlandia
    La balena della Groenlandia, misura circa 20 metri di lunghezza e può vivere per oltre 100 anni. Come le altre balene, la sua bocca è dotata di una struttura a spazzola che le consente di filtrare l'acqua per catturare il plancton. Adattata in modo perfetto al clima e all'ambiente polare, la balena della Groenlandia non è provvista di pinne dorsali e utilizza la sua testa enorme per rompere il ghiaccio spesso per poter respirare. Nel 2007 è stata creata in Canada la prima area protetta per questa specie di balena.

    Il bue muschiato
    Il bue muschiato, è alto 1,3 m, è erbivoro e ha una pesante pelliccia che gli permette di affrontare temperature che possono raggiungere i -70 °C. Quando viene attaccato da orsi o lupi, il maschio adulto e la femmina di bue muschiato formano un cerchio e posizionano i loro piccoli nel mezzo per proteggerli.

    Tricheco
    Il tricheco, divide il proprio tempo tra la terra e il mare. Si nutre di piccoli invertebrati nelle acque fredde sul fondo dell'Oceano Artico e si riunisce in grandi gruppi sulle spiagge per riposare al sole. I maschi pesano più di 1 tonnellata e misurano 3 m di lunghezza. Le loro zanne, che misurano fino a 1 m di lunghezza, li aiutano a sollevarsi sul ghiaccio o a romperlo, e vengono anche utilizzate nei combattimenti.

    Narvalo
    Il narvalo, è il famoso unicorno marino che vive nelle acque costiere e nei fiumi artici. Questo curioso animale Artico ha una particolarità: il dente di Narvalo, che cresce in una zanna a spirale simile a una spada attraverso il labbro superiore. Non vi è certezza del suo scopo, ma si pensa che sia importante nei rituali di accoppiamento. Agli esemplari di sesso femminile la zanna più piccola e non diventa così prominente come quella del maschio. Questi animali polari viaggiano in grandi gruppi e si nutrono di pesce, gamberi, calamari e altre specie di animali acquatici. A volte, i narvali rimangono intrappolati sotto allo spesso strato di ghiaccio e cadono vittima di cacciatori Inuit, orsi polari o trichechi.

    Beluga
    Il beluga, si muove in gruppi di centinaia di individui, principalmente nelle acque fredde e poco profonde dell'Oceano Artico e del Nord Atlantico. Queste balene bianche, lunghe in media 4 metri, comunicano attraverso una vasta gamma di suoni, guadagnandosi il soprannome di canarini marini.

    Ermellino
    L'ermellino è un piccolo mammifero diffuso in Europa, Asia e Nord America. Fra i carnivori è senz'altro una delle specie più facilmente osservabili in natura, sia a causa della sua attività diurna che del suo temperamento curioso. La sua dieta, essenzialmente di tipo carnivoro, comprende piccoli roditori oltre a uccelli, rettili e invertebrati e può uccidere prede grandi cinque volte la sua misura, come i conigli. La sua caratteristica è quella di cambiare il colore della pelliccia: in estate è bruno rossastro nella parte superiore del corpo e bianco nella parte inferiore. In inverno la pelliccia diventa totalmente bianca, tranne la punta della coda che rimane nera.

    Lemmo
    Il lemmo o lemming, è un piccoli roditore artico, il cui habitat è normalmente il bioma tundra. Pesano generalmente tra 30 e 120 g e sono lunghi tra 7 e 15 cm. Hanno pelo lungo e soffice e coda molto breve. Sono erbivori, si nutrono principalmente di muschio, licheni, e anche foglie e germogli, Graminacee e Cyperacee in particolare, ma a volte anche di radici o bulbi. Come per molti altri roditori, i loro incisivi crescono continuamente, permettendo loro di sussistere su cibo assai più duro di quanto sarebbe altrimenti possibile. I lemmini non vanno mai in letargo durante i duri inverni nordici, rimangono attivi, e trovano cibo scavando sotto la neve e nutrendosi di vegetali immagazzinati durante la bella stagione. Sono animali solitari, che si incontrano in natura soltanto per accoppiarsi, ma come tutti i roditori hanno un alto tasso di riproduzione.

    Alce
    L'alce, è il più grande cervide esistente, diffuso in Eurasia e Nordamerica. Si distingue dagli altri membri della stessa famiglia per la forma dei palchi, chiamate erroneamente corna, prerogativa solo dei maschi. I maschi dell'alce hanno un peso medio di oltre 550 kg e le femmine superano spesso i 400 kg. La lunghezza delle zampe conferisce all'alce un aspetto decisamente goffo. Il muso è lungo e carnoso e ha solo una piccola area glabra sotto le narici; i maschi posseggono una particolare sacca che pende dal collo, nota come campana. A causa del corto collo, l'alce non è in grado di pascolare e il suo principale nutrimento consiste in germogli e foglie di salice e betulla, nonché di piante acquatiche. Questi ruminanti si trovano spesso a cibarsi nelle terre umide delle aree temperate. Benché generalmente timidi, i maschi divengono intraprendenti nella stagione dell'accoppiamento quando le femmine lanciano forti richiami spesso scambiati per muggiti bovini.

    Balena Megattera
    La megattera, è un cetaceo misticeto, nello specifico una balenottera, unica specie del genere Megaptera. Gli adulti misurano 14-17 metri di lunghezza e possono pesare fino a 40 tonnellate. Ha una sagoma caratteristica, con lunghe pinne pettorali e una testa bitorzoluta. I suoi salti (breaching) e altri distintivi comportamenti di superficie la hanno resa popolare tra i whale-watchers. I maschi producono un canto complesso, di durata variabile dai 4 ai 33 minuti. Diffuse negli oceani e nei mari di tutto il mondo, le megattere effettuano migrazioni annuali anche di 16000 chilometri, alimentandosi nelle acque polari e spostandosi verso quelle tropicali o subtropicali per accoppiarsi e partorire. La loro dieta consiste per lo più di krill boreale e piccoli pesci come o aringhe, capelani, ammoditi e sgombri dell'Atlantico, che catturano creando reti di bolle. Sono animali promiscui ed entrambi i sessi hanno più partner. I loro predatori naturali principali sono le orche.

    Medusa criniera di leone
    La medusa criniera di leone, è una delle più grandi specie conosciute di meduse con un'ombrella di dimensioni che raggiungono fino a30-50 cm di diametro e tentacoli che possono superare, nei casi estremi, i dieci metri di lunghezza. Vive nelle acque fredde dei mari e degli oceani boreali, delle acque dell'Artico e del Pacifico e Atlantico, e anche nel Mare del Nord. È facilmente riconoscibile per il suo colore rosso, che va da tonalità tendenti all'arancione a tinte più scure, e per il gran numero di tentacoli, lunghi e filamentosi, che cadono dal suo grande ombrello. La loro dieta include zooplancton, ctenofori ed altre meduse; in particolare, le meduse criniera di leone sono note per essere predatrici di Aurelia aurita. Sono a loro volta predate da diverse specie di uccelli marini, da grandi pesci e da tartarughe marine.

    Elefante marino
    Gli elefanti marini, chiamati anche foche elefanti, sono dei mammiferi carnivori appartenenti al genere Mirounga e sono divisi in Mirounga angustirostris, elefante marino del nord e Mirounga leonina, elefante marino del sud. Il Mirounga viene incluso, assieme alle foche in senso stretto, nella famiglia delle foche, distinguendosi dalle altre due famiglie delle otarie e del tricheco. L'origine degli elefanti marini è oscura, si pensa che il genere si sia originato nell'Antartico, e successivamente l'attuale elefante marino del sud abbia colonizzato l'emisfero nord in seguito ad un cambiamento delle rotte ancestrali nel periodo della glaciazione del Pleistocene. Il nome Mirounga proviene da miouroung, un antico nome che usavano gli australiani aborigeni per indicare l'elefante marino. In generale, il nome "elefante marino" deriva dalla grande taglia corporea (la più grande tra tutti i pinnipedi) e dalla proboscide dei maschi adulti. Un maschio adulto può raggiungere una lunghezza di 4,0-5,8 metri ed un peso superiore alle 3,5 tonnellate. Una femmina adulta, arriva a 2,4-3,3 metri di lunghezza ed il suo peso è variabile dai 300 ai 900 kg.




    "La morte non è che la prossima grande avventura."
    Il pane per i morti
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    Da che mondo e mondo, da paese a paese, ovunque nel mese di novembre ricorre la commemorazione dei morti. Era tradizione in Europa, e soprattutto in Italia, allestire dolci particolari nei giorni a ridosso del 2 novembre, che spesso ricordavano nel nome questa ricorrenza o nella forma e consistenza quella di un osso.
    Altro riferimento ricorrente è quello alle dita delle mani, mentre il dolce a forma di cavallo è probabilmente più legato alla leggenda di Proserpina.
    Ad ogni modo, ancora oggi in alcuni paesi d'Italia, la notte tra l'1 ed il 2 novembre, si pongono questi dolci su tavole imbandite come una sorta di tradizione culinaria golosa.
    Il più famoso tra questi è il pane dei morti, un dolce tradizionale lombardo e ligure della zona di Milano, della Brianza e della provincia di Savona. La ricetta prevede albumi, biscotti sbriciolati, cacao, frutta secca e/o frutta candita e spezie. Nell'utilizzo di alcuni ingredienti, vi è una similitudine con altre ricette, sia locali, come la torta paesana brianzola, sia legate alla ricorrenza come i vari dolci dei morti diffusi in tutta Italia, e anche con il pepparkakor nordico.
    La sua storia ha origini antiche. Pare che, i Greci, usavano offrire a Demetra, dea delle messi, un antenato di questo dolce, per assicurarsi raccolti floridi. I Romani invece, offrivano pane, dolci e frutta ai poveri del villaggio per ricordare i defunti.
    Il Pane dei morti così come lo concociamo oggi, affonda le sue radici nella cultura contadina e nelle tradizioni popolari lombarde: i milanesi credevano un tempo che le anime dei defunti di ripresentassero nelle case dei loro affetti ogni anno, con la stessa ciclicità del lavoro nei campi. Per dar loro il bentornato, le famiglie preparavano un piatto di minestra, un bicchiere di vino e un piatto di biscotti, il Pan dei morti, per l'appunto.
    Ma vi sono varie ricette nazionali e internazionali simili sia negli ingredienti che nei nomi.
    Per esempio i caldi dolci, sono un tipico dolce della pasticceria mantovana, preparato quasi esclusivamente nei primi giorni di novembre in particolare il 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti.
    Il legame tra il pane e i defunti era diffuso un po' in tutta la Lombardia e in Svizzera. In Val Verzasca si infornava il pane da porgere a chiunque partecipasse alla veglia funebre o al funerale, in Mesolcina quando moriva una persona si portava il pane ai poveri, nei dintorni di Lugano si teneva la "cerca del pane dei morti" una festa in cui bambini e ragazzini bussavano di porta in porta per reclamare un tozzo di pane.
    Tutti offrivano qualcosa: pane, noci, nocciole, pere e mele essiccate, nespole, fichi secchi: tutto gli ingredienti con cui oggi si prepara il Pane dei morti. Ai tempi dunque non si impastavano tutti insieme: si mangiava un pane semplice, ma diverso dal pane di segale, e lo si accompagnava alla frutta secca.
    Risale invece agli anni Trenta del Novecento la ricetta preparata ancora oggi. Una ricetta che, in Ticino, veniva inizialmente preparata dai panettieri per vendere dolci non più freschi. La ricetta, infatti variava: c'era chi metteva la frutta secca, chi pezzi di biscotti, chi il pan di Spagna.
    Con nome è invece simile Il pan de muerto o pan de los muertos, tradotto in italiano come "pane dei morti", è un dolce preparato nel Messico nelle settimane prima del giorno dei morti. È basato su una semplice ricetta per pane dolce con semi di anice, che varia in base alla regione. Nel Messico centrale è di forma tonda, con pezzi che assomigliano a ossi; secondo la tradizione, deve essere collocato sull'altare dei morti come un gesto di benvenuto, in modo che le anime dei morti possano consumare l'essenza del cibo.
    Vi sono anche i dolci dei morti, quasi sempre biscotti, realizzati in occasione della commemorazione dei defunti, che contengono farina, uova, zucchero ed aromatizzanti; spesso sono presenti mandorle finemente triturate o talvolta anche cioccolato, marmellata e frutta candita.

    Se volete, QUI potrete trovare la ricetta completa.

    Dite Cheese?

    Todos somos calaveras
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    Il Día de los Muertos, o Giorno dei Morti, è senza dubbio una delle feste messicane più conosciute in assoluto, festeggiato con allegria in tutte le case, strade, piazze e cimiteri del paese. E' una celebrazione infatti non solo dei cari che se ne sono andati ma pure della vita.
    Anche se la festa è nata in Messico, è comunque celebrata in tutta l'America Latina con colori vivaci, calaveras (teschi) e calacas (scheletri), e non è una versione messicana di Halloween. Anche se hanno alcune caratteristiche comuni, le due festività differiscono notevolmente per tradizione e significato.
    Certo, il tema comune è quello della morte, e sono entrambe basate sull'idea che gli spiriti ritornino in quel periodo dell'anno, ma dal punto di vista del significato le due feste sono completamente differenti. Se da Halloween deriva l'idea che gli spiriti siano malevoli, nelle festività del Dia de Los Muertos, gli spiriti sono accolti con gioia: sono i membri della famiglia che tornano in mezzo ai vivi una volta all'anno, il 2 di Novembre.
    Mentre Halloween è una notte oscura di scherzi e malizia, i festeggiamenti del Giorno dei Morti si svolgono per due giorni in un'esplosione di colori e gioia di vivere. In tutto il Messico si festeggia indossando costumi variopinti, si tengono feste e danze e si porgono offerte ai propri cari defunti.
    La festa ha comunque origini antiche, proviene dalla Mesoamerica con gli Aztechi, i Toltechi e altre antiche culture che consideravano il lutto irrispettoso per il morto. Per queste culture pre-ispaniche infatti, la morte era una fase naturale della vita: i morti erano ancora membri della comunità, tenuti in vita nella memoria e nello spirito e che durante il Día de los Muertos, ritornavano sulla Terra.
    Mentre in Europa, ebbe origine durante il nono secolo e fu introdotto in America Latina dai Conquistadores Spagnoli. Questa festa si fuse perfettamente con l'antica concezione della morte che già avevano nella cultura Atzeca: il risultato fu un mix di più culture differenti.
    Ad ogni modo. la festa in Messico, tende ad essere più colorata nella regione meridionale, in particolare negli stati di Michoacán, Oaxaca e nel Chiapa. Nelle zone rurali invece, le celebrazioni sono per lo più solenni, mentre nelle città più grandi sono molto più festose fino a diventare, a volte, anche irriverenti.
    E' una festa anche molto sociale, in quanto la folla di persone in festa si riversa nelle strade e nelle piazze pubbliche a tutte le ore del giorno e della notte. Vestirsi come scheletri fa parte del divertimento. Le persone di tutte le età hanno i volti dipinti ad arte per assomigliare a teschi e, imitando la calavera Catrina, indossando abiti eleganti e fantasiosi e calandosi sul capo grandi cappelli.
    Il fulcro della celebrazione però, è un altare, o ofrenda, che viene allestito non solo nelle case private e nei cimiteri, ma anche nelle piazze. Hanno lo scopo di accogliere gli spiriti nel regno dei vivi e in quanto tali, sono carichi di offerte, acqua per dissetarsi dopo il lungo viaggio, cibo, foto di famiglia e una candela per ogni parente morto. Una volta terminata la festa, dopo che l'anima dei defunti si è cibata dell'essenza degli alimenti, i resti vengono consumati dai familiari e amici vivi per ricordare il defunto e unire la famiglia.
    Ma ogni elemento decorativo sull'altare ha un significato ben preciso. Il papado picado, strati di carta traforati o ritagliati a forma di scheletro, rappresenta il vento e la fragilità della vita e il suo doppio colore, di solito giallo e viola, sta ad indicare anche la dualità della vita e della morte. I semi rappresentano la Terra, le candele il fuoco. Il fumo dell'incenso, ricavato dalla resina degli alberi, trasmette le preghiere e purifica l'aria attorno all'altare.
    Altri oggetti che sono collocati sull'altare includono teschi di zucchero, spesso con il nome della persona inscritto nella parte superiore, il pan de Muertos, un pane speciale che è fatto appositamente per la stagione, e cempasuchil (calendule) che fioriscono proprio in questo periodo dell'anno.
    In alcuni villaggi, i petali di calendula vengono posati a creare un sentiero dal luogo di sepoltura all'altare in modo da guidare le anime verso la loro casa, mentre in altre comunità, è consuetudine trascorrere l'intera notte nel cimitero, ma non è vissuto come una cosa triste, piuttosto come una festa: si cena, si suona musica, si parla e si beve tutta la notte.
    Ma cos'è una calavera? La parola come detto significa teschio, ma nella cultura messicana ha un significato anche molto più profondo. I teschi sono ricorrenti dai disegni alle incisioni delle rovine preispaniche degli Aztechi e dei Maya, e sono giunti fino ad oggi, dove sono rappresentati anche nei graffiti, vestiti, in gioielli e nei tatuaggi.
    Anche se è possibile vedere calaveras durante tutto l'anno, li si nota più spesso durante la stagione di Los Dias de Los Muertos. Ricordano di celebrare la vita e la mortalità, di guardare al passato e al futuro, ma rimanendo nel presente. Sono un modo per riconoscere che la vita è sacra, e che la morte è solo un altro rito di passaggio, non meno sacro della vita stessa.
    E chi è la Calavera Catrina? La prima apparizione della Signora della Morte, risale alla Dea Azteca Mictecacihuatl, regina degli Inferi la quale aveva il ruolo di proteggere le ossa dei morti. La sua seconda apparizione nella cultura messicana è una versione moderna: Calavera Catrina, creata dal vignettista José Guadalupe Posada in un'acquaforte intorno al 1910-1913 era originariamente era conosciuta come La Calavera Garbancera ed era stata creata come immagine satirica. L'artista infatti, puntava a deridere i messicani indigeni che cercavano di emulare la raffinatezza dello stile europeo. "Todos somos calaveras" è una citazione comunemente attribuita a Posada che significa "Siamo tutti scheletri" ovvero sotto tutte le trappole create dall'uomo, siamo tutti uguali.




    "Firenze è l'essenza umana che diventa divina."
    C'era una volta Firenze
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    Eccoci alla seconda edizione della rubrica!
    Se l'altra volta abbiamo parlato di Giuliano de' Medici, fratello minore di Lorenzo, questa volta parleremo di Clarice Orsini, consorte del Magnifico.
    Ella nacque a Monterotondo, il 23 novembre 1453, ed era figlia di Jacopo (o Giacomo) Orsini, signore di Monterotondo, e di Maddalena Orsini, dai signori di Bracciano, e sorella del cardinale Latino Orsini e di Giovanni, arcivescovo di Trani e abate di Farfa.
    Aveva una sorella maggiore, Aurante, e due fratelli, Rinaldo e Orso (detto Organtino), successore del padre.
    Si sa poco della sua giovinezza, o sul'educazione ricevuta da Clarice, che, grazie alle lettere scritte di sua mano, dovette essere una donna molto religiosa, ma poco approfondita sul piano delle lettere e della cultura in generale.
    Tuttavia fu scelta proprio da Lucrezia Tornabuoni, madre del Magnifico, come futura compagna del primogenito, facendo pensare che l'avesse presa in considerazione come candidata ancor prima di vederla, essendo stata l'unica passata sotto allo sguardo attenta della matrona fiorentina.
    La prima menzione di Clarice infatti, si ritrova nelle lettere di Lucrezia Tornabuoni, che giunse a Roma il 26 marzo 1467 allo scopo di trovare moglie al primogenito. Nel farlo agì con sicurezza: il 27 marzo incontrò Clarice, poco di 15 o 16 anni, con la madre mentre si recavano a udire la messa in San Pietro. Dopodiché, il 28 marzo si recò al palazzo del cardinale Latino e indirizzò al marito alcune lettere in cui descriveva minuziosamente la fanciulla sia nel carattere che nell'aspetto fisco.
    A dare ulteriore sicurezza alla scelta fu anche il fatto che Lorenzo avesse visto lui stesso la ragazza l'anno prima, in occasione della Pasqua del 1466, quando Lorenzo risiedette a Roma per alcune settimane. L'approvazione seguita nel giro di pochissimi giorni, fa pensare ad un interesse sincero di Lorenzo per la fanciulla, tanto dal punto di vista politico quanto da quello personale.
    Il matrimonio per procura si svolse a Roma il 27 dicembre 1468, con una dote che venne stabilita alla cifra di 6.000 fiorini, da corrispondere ai Medici, mentre questi ultimi dovevano versare, secondo l'uso vigente a Roma, una controdote pari a un quarto della dote.
    Dopo il matrimonio Clarice rimase a Roma per alcuni mesi e proprio a questo periodo di forzata lontananza, risalgono le prime lettere scritte verso il marito, che mostrano il basso livello della sua cultura e la scarsa dimestichezza con la scrittura nella povertà di contenuti, grafia incerta e nella presenza di errori e cancellature. Dopo il suo ingresso in casa Medici, Clarice avrebbe fatto scrivere le sue lettere a segretari, scrivani o fattori.
    Clarice prese la via di Firenze il 15 maggio 1469, quando partì scortata dai parenti più stretti del marito: vi erano, in particolare, Guglielmo de' Pazzi e Bernardo Rucellai, i mariti delle sorelle di Lorenzo, e Giuliano de' Medici, oltre a Gentile Becchi, primo precettore dei giovani rampolli medicei. Il viaggio attraversò la Toscana suscitando manifestazioni di giubilo nelle città toccate dalla comitiva nuziale, e si concluse il 2 giugno con l'arrivo della sposa a Firenze. Ella fu ospitata nel palazzo della famiglia Alessandri in attesa delle celebrazioni ufficiali, il 4 giugno, percorse le strade di Firenze in groppa al cavallo di Lorenzo e raggiunse Palazzo Medici, alle cui finestre era stato apposto un ramo d'ulivo come segno benaugurale. Si consumò il banchetto di festa e, a chiusura della giornata, la sposa tornò a Palazzo degli Alessandri. La medesima cosa avvenne il giorno dopo, il 5 giugno, quando il banchetto si tenne presso la residenza cittadina di Carlo de' Medici. Solo il terzo giorno, con la celebrazione della messa del congiunto nella basilica di San Lorenzo, la giovane Orsini prese dimora all'interno del palazzo del marito.
    Nel 1467 Lucrezia, parlando della futura nuora, aveva affermato che "è di gran modesta, e da ridulla presto a nostri costumi"; tuttavia, Clarice mantenne per tutta la vita un contegno che ai fiorentini sapeva di altezzoso e arrogante, e fu generalmente per questo poco amata dal popolo. D'altra parte, la giovane donna faticò ad adattarsi a un contesto sociale e culturale molto diverso da quello di provenienza. Preferiva rimanere nell'ombra, non amava le feste, non amava esporsi e questo mal si conciliava con il carattere esuberante di Lorenzo. Clarice non amerà mai la letteratura, alle letture umanistiche, Clarice preferiva quelle religiose. Sebbene fosse consorte del Magnifico, non fu una donna molto amata dai fiorentini, proprio perchè non era una loro concittadina, tanto che rimase "la straniera" per molti di loro. Non intervenne in alcun modo nelle scelte di Lorenzo, ne aiutandolo politicamente, limitandosi ai suoi doveri di moglie e madre, ma non rappresentò mai una figura ingombrante per le ambizioni del consorte.
    Clarice rimase presto incinta della prima figlia, e nei successivi nove anni diede alla luce altrettanti bambini. Solo sette di questi superarono l'infanzia.
    Lucrezia nacque l'agosto del 1470, sposò Jacopo Salviati, fu madre di Maria Salviati e quindi nonna di Cosimo I de' Medici.
    Dopo due gemelli senza nome, morti poco dopo il parto nel marzo 1471, nel 1472 ebbe Piero, detto il Fauto, politico e militare italiano a cui si attribuisce la seconda cacciata dei Medici da Firenze, quando fu ripristinato il ramo famigliare detto Popolano. Nel 1473 nacque Maddalena, conosciuta per aver sposato Franceschetto Cybo, figlio di papa Innocenzo VII e tormentata da frequenti malattie. Contessina Beatrice, nata nel 1474, morì purtroppo dopo la nascita. Giovanni nacque nel 1475 e sarà conosciuto per essere diventato papa Leone X. Probabilmente il fatto che Clarice fosse una Orsini, unito alla grande ricchezza di casa Medici, permise che Giovanni fosse creato cardinale e in seguito eletto papa. Luisa detta "Luigia" nacque due anni dopo, nel 1477, era promessa sposa a Giovanni il Popolano, ma morì nell'adolescenza. Di lei rimane il viso di Minerva nell'opera di Pallade che doma il centauro, a cui Sandro Botticelli si ispirò. Un anno dopo, nel 1478, nacque Contessina, che sposò Piero Ridolfi. Giuliano, nato nel 1479, Duca di Nemours, sposò Filiberta di Savoia.
    Nei primi anni a Firenze, Clarice trovò in Luigi Pulci un confidente inaspettato, noto per il carattere irriverente che lo contraddistingueva all'interno della famiglia medicea. Egli la accompagnò nel suo primo viaggio a Roma, nel 1472, rendendo resoconti dettagliati delle loro giornate a Lorenzo, e le dedicò parole di conforto nella triste circostanza della perdita di due gemelli nati prematuri nel 1471.
    Non si immischiò molto nella politica fiorentina, tuttavia si prodigò molto per soddisfare le richieste della propria famiglia d'origine: nel 1474, dietro sua insistenza, Lorenzo riuscì a ottenere per il cognato Rinaldo Orsini l'investitura ad arcivescovo di Firenze, mentre l'altro fratello di Clarice, Organtino, condottiero, fece più volte ricorso alla mediazione di Lorenzo per ottenere incarichi presso diversi signori italiani. Al contempo, furono combinati i matrimoni di Aurante, rimasta vedova nel 1469, con Leonardo Malaspina, e delle figlie di lei, Margherita, Zaffira e Ludovica.
    Oltre a difendere gli interessi dei parenti, ella si impegnò anche in opere di carità e perorò presso il marito anche le istanze di persone comuni.
    Immediatamente dopo la Congiura dei Pazzi, avvenuta ad aprile 1478, Clarice e i bambini vennero allontanati da Firenze assieme ad Angelo Poliziano, precettore dei ragazzi, e le altre persone del seguito, per evitare i rischi connessi a nuovi tentativi di colpo di Stato e all'epidemia di peste scoppiata nel frattempo. In un primo momento vennero ospitati dalla famiglia Panciatichi di Pistoia, ma Clarice lamentò che venisse fatta poca guardia alle porte. I sospetti erano però fondati quando venne scoperta e sventata una congiura mirante al rapimento della moglie e dei figli di Lorenzo allo scopo di attirare il Medici in una trappola. A settembre, però, si erano verificati seri problemi che misero a in pericolo la salute di Clarice, provata psicologicamente dalla paura per la vita del marito e dei figli: ella era infatti incinta di pochi mesi, quando cominciò ad accusare malesseri preoccupanti. Lorenzo inviò prontamente il proprio medico personale, il quale prescrisse riposo a letto onde evitare l'aborto.
    In seguito alla congiura pistoiese, Clarice e i figli si spostarono in Mugello e dopodiché riparò alla villa Cafaggiolo.
    Già a quest'epoca Poliziano riferiva, nelle sue lettere, la noia e la pesantezza della situazione, che esasperava gli animi di tutti. Nato il piccolo Giuliano nel marzo del 1479, si verificò un crescendo di tensione tra Clarice e l'umanista stesso, istitutore di Piero e Giovanni de' Medici, che portò, nel maggio dello stesso anno, alla rottura definitiva tra i due. Lorenzo de' Medici, messo al corrente dell'accaduto, non volle tuttavia sconfessare l'operato di Clarice e il Poliziano fu presto sostituito dal più convenzionale e malleabile Bernardo Michelozzi, fratello del cancelliere principale di Lorenzo.
    Ci sono diverse ipotesi per tale rottura: da un lato lo stress dovuto alla separazione forzata da Lorenzo, dall'altro le divergenze nella concezione del percorso educativo di Giovanni, già destinato alla carriera ecclesiastica e al fatto che Clarice preferisse un'educazione più religiosa mentre Poliziano, d'accordo con Lorenzo, più classiche. Non solo, potrebbe esserci anche la gelosia, in quanto entrambi gareggiavano per l'0affetto al Magnifico.
    Intanto continuava il soggiorno di Clarice e dei figli in campagna, dove da Cafaggiolo, essendovisi manifestato un caso sospetto di peste, si trasferirono al Trebbio, villa del cugino di Lorenzo, Pierfrancesco de' Medici e poi a Gagliano, per poi tornare a Cafaggiolo, soggiorno che si protrasse fino all'autunno del 1479.
    Quando, a seguito della pace stipulata il 17 marzo del 1480, da Lorenzo con Ferrante d'Aragona re di Napoli, la situazione tornò tranquilla, Clarice venne coinvolta di più nella politica locale e nazionale, benché questo si possa dedurre soltanto da piccoli indizi, come da alcune lettere che la donna inviò al marito, dove ella espose in breve la propria opinione su eventi anche di una certa importanza e dove chiedeva spesso di essere informata delle ultime notizie.
    In questo periodo furono più numerosi i suoi viaggi, come quello del 1480 e del 1485, furono dovuti a motivazioni di salute ed ebbero per meta località termali toscane. In determinate occasioni, però, le sue visite assunsero anche carattere politico, come capitò nel viaggio di ritorno dal bagno a Badia di Passignano (1485) quando, fermatasi a Colle di Val d'Elsa, Clarice fu accolta e omaggiata come fosse "un altro Lorenzo".
    L'ultimo viaggio della nobildonna fu a Roma tra il novembre 1487 e il maggio 1488: Clarice partì per andare a conoscere la futura nuora, la cugina Alfonsina Orsini, e portò con sé la propria figlia Maddalena, per cui si stava trattando il fidanzamento con Franceschetto Cybo, figlio di papa Innocenzo VIII, la quale si sposò nel gennaio 1488, dopo una brusca accelerazione delle trattative.
    La salute di Clarice in quel periodo peggiorò e il male ai polmoni, probabilmente tubercolosi, che la tormentava da anni si riacutizzò. Rientrata a Firenze, trascorse alcuni mesi segnata dalla malattia, tanto che Lorenzo più volte scrisse di lei preoccupato, seppur anche lui fosse debilitato dai sintomi dell'uricemia congenita e fu caldamente esortato dai medici a recarsi in una località termale per due settimane
    Otto giorni dopo la partenza del marito, in seguito a un improvviso aggravamento, Clarice morì il 30 luglio 1488. Lorenzo, sotto pressione di amici e parenti e dei medici stessi, non ritornò a Firenze per non compromettere la propria salute, ma scrisse una lettera al consuocero, papa Innocenzo VIII, in cui si esprimeva il dolore per tale perdita.
    L'esistenza di Clarice fu breve, morì a soli 34 anni. I quali li trascorse spesso affetta da salute cagionevole, passati nell'ombra con sfumature malinconiche e nella profonda devozione religiosa, vicino a un marito con cui divideva affetto ma nessun amore (taluni dicono di reciproca sopportazione), e a una città che non voleva o non poteva comprendere.
    La discendenza avuta col marito, chiamato ramo di Cafaggiolo, sfociò in un altro ramo grazie al matrimonio della figlia Lucrezia con Jacopo Salviati. Il ramo Granducale, nacque proprio grazie al matrimonio della loro figlia Maria, con Ludovico de' Medici detto Giovanni dalle Bande Nere. Il ramo Granducale ebbe il suo massimo splendore con il loro figlio: Cosimo I de' Medici, primo Granduca di Firenze. Da lui, il figlio continuò la discendenza con Ferdinando I, secondo Granduca che seppur cardinale, successe come Granduca di Toscana al fratello Francesco, morto improvvisamente. Ferdinando non abbandonò la porpora nemmeno dopo essere salito al potere, ma fu costretto a lasciarla nel 1589 per sposare Cristina di Lorena, dalla quale ebbe poi nove figli.
    Uno di essi, Cosimo II, quarto Granduca, noto per essere stato il patrono di Galileo Galilei, suo tutore in giovinezza, sposò Maria Maddalena d'Asburgo. Gli successe Ferdinando II, quinto Granduca, noto per il suo mecenatismo, sposò Vittoria Della Rovere, dalla quale ebbe Cosimo III de' Medici, che divenne sesto Granduca. Cosimo III de' Medici regnò per 53 anni, che però fu caratterizzato da un forte declino politico ed economico, punteggiato dalle campagne persecutorie nei confronti degli ebrei e verso chiunque non si conformasse alla rigida morale cattolica. Sposò per procura Margherita Luisa d'Orléans, cugina di Luigi XIV dalla quale ebbe due figli.
    Suo figlio, Gian Gastone, il settimo e ultimo Granduca di Toscana appartenente alla dinastia dei Medici. Gian Gastone, uomo mite, colto, amante della pace era però omosessuale, e seppur si sposò contro la sua volontà con Anna Maria Francesca di Sassonia-Lauenburg, il loro matrimonio finì presto. Senza figli, lasciò la Toscana in eredità agli Asburgo-Lorena.
    Invece, il ramo di Ottajano, di creò con le seconde nozze della nipote di Clarice, Francesca (sempre figlia di Lucrezia), con Ottaviano de' Medici, con cui ebbe Bernardetto, I signore di Ottajano. Questo ramo, come avevamo visto la volta precedente, è tutt'ora vivente, proprio alla discendenza di Bernardetto.

    Se siete interessati a conoscere belle altre curiosità sulla città di Firenze, vi rimando alla rubrica: Piccole curiosità su Firenze di Novembre, del Il Giornalino de Il Salotto.

    Con arco e frecce
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    Questo mese introduce il segno astrologico del Sagittario. Il mito, era già noto sin dal tempo dei Sumeri, che lo associavano al dio della guerra Ninurta.
    I Greci ripresero il mito e lo stravolsero facendolo diventare un satiro, Croto, figlio del dio Pan. Croto inventò l'arco e le frecce, così che le Muse, contente di questi doni, supplicarono Zeus di ricompensarlo. Il padre degli dei trasformò il piccolo satiro, già abile cavallerizzo, in un forte centauro e lo mise nella volta stellata come costellazione del Sagittario.
    Il segno è raffigurato così da questa creatura che tende un arco per scoccare una freccia verso il vicino scorpione e vendicare la morte di Orione, provocata dalla puntura dell'animale.

    Ringraziamenti
    Con questo piccolo spazio ringrazio tutti di aver letto. I testi sono stati scritti di mio pugno, con il piccolo ausilio di qualche sito di rilevanza per gli aspetti più tecnici e l'onere della veridicità:
    https://it.wikipedia.org/
    www.treccani.it/
    www.cookist.it/
    www.studenti.it/
    www.monzatoday.it/
    www.osservatorioartico.it/
    https://santamuerte.fr/it/
    www.055firenze.it/
    La soffitta delle streghe

    Per le icon categorie si ringrazia:
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    Vuoi contattare la Direttrice per i prossimi argomenti? Lo puoi fare QUI nel topic.
    Se ti interessa potremo parlarne insieme e avrai i tuoi ringraziamenti nel prossimo episodio!

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    Edited by Liberty - 30/3/2024, 21:03
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    Eccomi a commentare, con sommo ritardo (si lo ammetto la stanchezza gioca brutti scherzi quando si deve leggere).
    La parte che prediligo è quella di scienze, o come la soprannomino io "momento super quark". Purtroppo ho saputo dell'aurora boreale in ritardo sennò forse avrei provato a vederla in cielo (anche se dubito l'avrei vista a causa delle luci). Per quanto riguarda l'artico mi ricordo tempo fa quando creai una skin e credo di aver scelto per il logo una lepre artica, sono "strane" ma belle. Per non parlare degli altri animali. Non so perchè ma mi è tornato in mente un libro che ho letto con una novantenne come protagonista ed un pinguino :D.
    Anche stavolta ho imparato qualcosa di più su di un personaggio della mia città, lo ammetto sono molto carente sulla storia di Firenze, soprattutto sui personaggi importanti :(.
     
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    Ciau, meglio che nulla no? ^^
    hahaha si è vero, ci sono momenti alla Super Quark sul giornalino, spero non risultino troppo leziosi. Sono però interessanti anche come i posti o le feste di altre culture ecco. ^^ Mannaggia che peccato, idem me la sono persa ma in montagna ho visto le foto si vedeva tantissimo, uno spettacolo!
    hahah è vero, ammetto che ci sono molti libri illustrati sull'argomento animali dei poli, però quello nominato da te mi sfugge ^^
    Si ma fidati, Clarice non è così conosciuta e leggendo la sua storia, se dapprima non mi stava così simpatica come figura, mi è dispiaciuto molto per lei, deve avere fatto una vita un po' triste e solitaria.
     
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    Quel libro non è illustrato è un romanzo, si intitola "L'incredibile viaggio della novantenne salvata dai pinguini", molto carino tra le altre cose.
    Non so perchè ma diciamo che le grandi famiglie non le ho mai ritenute molto "felici" anche se vivevano in grandi case ed erano circondate da ricchezze.
     
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    Aah ok, proverò a cercarlo, grazie! ^^
    Questo purtroppo è vero, c'erano troppi interessi politici interni, per non parlare di quelli esterni, insomma, più persone più problemi. La famiglia medici ne è un grande esempio ecco, tra Giuliano morto per congiura, le figlie di Lorenzo date in sposa non ancora donne, matrimoni combinati, malattie, sciagure, intrighi politici... insomma non credo ci fossero molti giorni sereni XD
     
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    Aggiunti due specie alla panoramica di animali artici!
     
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